“Venari, lavari, ludere, ridere: hoc est vivere.”

“Cacciare, lavare, giocare, ridere: questo è vivere.”

[Iscrizione ignota, CIL (Corpus Inscriptionum Latinorum) VIII 17938]

Dopo l’incontro sul Golgotha con il demone Azazel, i custodes si congedano dai dieci soldati al loro seguito cercando però prima di convincerli a mantenere il riserbo su quanto visto durante la serata e, successivamente, si ritirano nei propri alloggi. La stanchezza della giornata rende infatti pesanti le membra e Cattus necessita di una buona dose di riposo per ristabilirsi dalle ferite ricevute nello scontro con i cultisti.

La mattina seguente, mentre gli altri membri del contubernium rimangono ad indugiare tra le grinfie di Morfeo o sono altrimenti impegnati, Al Sahlahin accompagna Cattus al grande tempio di Giove per pregare davanti alla nicchia di Apollo ed invocare il favore degli dei e scacciare dal compagno l’ombra dell’incontro con Azazel da cui il diplomatico, probabilmente a causa delle numerose ferite, era sembrato essere rimasto particolarmente colpito e pericolosamente ammaliato. I rituali tranquillizzano l’augure, gli Dei di Roma non hanno voltato loro le spalle per la debolezza di un momento. Al loro ritorno, davanti alle porte della caserma in cui sono stati alloggiati, trovano Appio Cornelio, il Prefectus Augusti della città, appena giunto e desideroso di parlare con i custodes.

Radunati tutti in una stanza, il governatore della città esprime la propria preoccupazione per l’aggressione subita dai membri della Cohors Auxiliaria Arcana sul Golgotha il giorno prima e si dimostra incline a prendere provvedimenti decisi per stroncare anche la più remota possibilità che la situazione degeneri in una rivolta antiromana. I custodes capiscono che i soldati che erano con loro non hanno mantenuto il segreto su tutti gli eventi, ma sembra almeno che non abbiano rivelato niente dell’incontro con Azazel; ora però si rende necessario convincere Appio Cornelio a, quantomeno, rimandare i provvedimenti che è intenzionato a prendere in modo che le indagini in corso non rischino di venire compromesse. Ottenuto l’assenso alla loro linea d’azione da parte del Prefectus Augusti, almeno per qualche giorno, le parti si congedano.

I custodes quindi procedono con quanto stabilito: il primo sospettato è il Rabbi Simon e quindi si dirigono nella zona delle rovine della vecchia Gerusalemme in cerca del predicatore ebraico. Lo individuano intento ad arringare una piccola folla di una quarantina di persone ed Al Sahlahin nota che gli occhi di rubino del medaglione ricevuto da Azazel sono debolmente illuminati, qualcuno invischiato nell’evocazione del demone è quindi nei paraggi.

I membri della Cohors Arcana aspettano che il Rabbi finisca il suo discorso e inizi ad allontanarsi prima di seguirlo, ma non riescono a passare inosservati e Simon con i suoi seguaci, accortisi di loro, accelerano il passo per tentare di scappare. I custodes però si lanciano all’inseguimento e, mentre Vetius fa per tagliare la strada ai fuggitivi, Candemium sfrutta il passaggio aperto da Minimo tra i seguaci del Rabbi per fare cadere quest’ultimo a terra e catturarlo. La mossa plateale sembra attirare l’astio della folla, ma sfruttando la propria autorità la situazione rimane tranquilla e la folla si disperde.

I custodes portano il Rabbi Simon fuori città e si dirigono ai piedi del Golgotha, Al Sahlahin controllando il medaglione vede che non emette più alcun bagliore, evidentemente il loro prigioniero non è invischiato nell’evocazione di Azazel, ma potrebbe comunque essere utile; infatti, dopo un breve e brusco interrogatorio, i custodes convincono il Rabbi ad accompagnarli al sepolcro del Nazareno, che, dalla conversazione avuta con il demone, sembra essere il luogo da cui è stato fatto il rituale di evocazione. Simon indica un luogo poco distante nella zona dei sepolcri nel quale sembra esserci una piccola processione di donne, i custodes quindi si avvicinano alla zona, dopo aver lasciato Calvus a fare la guardia al Rabbi legato ed imbavagliato.

Ave atque vale!

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